GRANCHIO

Associazone culturale no-profit Granchio nata con lo scopo di diffondere la cultura e il teatro a Milano e dintorni.

L’Associazione persegue i seguenti scopi: Valorizzazione e diffusione della cultura e delle attività teatrali e di prosa, musicali, di danza, artistiche e culturali secondo le finalità, lo spirito e limiti previsti dalla legge istitutiva del Ministero per i Beni e le attività Culturali; svolgere attività culturale sia in Italia che all’estero, anche attraverso una politica di scambi culturali, rivolgendo particolare attenzione alle attività socioeducative rivolte ai bambini, adolescenti e adulti tendenti all’espressione della personalità e in grado di favorirne l’armonico sviluppo; organizzazione di attività culturali per bambini adolescenti e adulti volti alla promozione dei contenuti e dei valori dello sviluppo sostenibile; organizzare di eventi teatrali a scopo didattico-educativo e sociale; realizzazione di spettacoli teatrali; valorizzazione della crescita culturale dei soci e, in generale del pubblico anche attraverso iniziative di formazione specifiche realizzati in collaborazione con enti locali, associazioni, scuole, istituzioni, ecc.; valorizzazione delle tradizioni popolari; partecipazione e realizzazione di rassegne e concorsi teatrali culturalmente qualificati; promozione della partecipazione dei soci ad iniziative di ricerca, di sperimentazione, di formazione; promuovere e realizzare ogni altra iniziativa direttamente o indirettamente rispondente alle finalità dell’Associazione.

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Panel 1

La terra desolata

diretto da Claudio Gaj e Francesco Tornar
assistente alla regia Valentina Penzo
con Claudio Gaj, Francesco Tornar e Cristina Spinetti
coreografie Cristina Spinetti
proiezioni video Alberto Danelli e Francesco Martinazzo
percorso sonoro Leonardo Falascone

“La desolazione che viene rappresentata nell’opera ingloba tutte le fasi buie di una universale vicenda ciclica, appellandosi all’inverno dei miti della vegetazione e della fertilità come alla terra devastata del Re Pescatore della leggenda del Graal e allo sfacelo attuale della civiltà occidentale, nonché riferendosi letterariamente alla tenebra dell’Inferno dantesco come alla alienazione della città baudelairiana. Ma rinascita e rinnovamento possono profilarsi sempre che la terra non sia definitivamente guasta”.
La Terra Invernale, in cui sembra chiudersi definitivamente il ciclo della vita e il cui arresto deve essere esorcizzato ritualmente affinché ritorni primavera, è una metafora di tutte le epoche che, nella loro diversità, hanno uno schema ricorrente di morte e rinascita, decadenza e rinnovamento.
Una vera fortuna che oggi la terra sia effettivamente guasta e medievalmente invernale, ma paradossalmente fertile per la rinascita della Terra Desolata di T.S. Eliot.
Un contesto e dei temi che si riflettono in una forma tanto libera quanto frammentaria e carente di esplicite transizioni logiche. L’unità è nel personaggio che si frantuma, nelle proiezioni video in scena – che come apparizioni creano suggestioni e destabilizzano – e nell’ambiente sonoro poco rassicurante. Il caos del mondo contemporaneo, esplicitato in una forma testuale da T.S Eliot, si riflette in scena.
“Per me fu solo il sollievo da una personale e del tutto insignificante lagnanza contro la vita; è proprio un pezzo di lamentela ritmica”. (T.S. Eliot)

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produzione Granchio
Info e prenotazioni: prenotazioni@spaziodila.it o whatsapp 3392333367

Panel 2

La cantatrice calva

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La compagnia

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LA CANTATRICE CALVA
Regia di Claudio Gaj
Assistente alla regia Sofia Perissinotto

Con:
Fabrizio Crista
Claudio Gaj
Meli Lippolis
Valentina Penzo
Francesco Tornar
Eliana Zanetti

scene di Marco Ruggeri
supporto coreografico Cristina Spinetti

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produzione Granchio

La domanda che sorge spontanea è sempre la stessa: perché, in un’epoca costellata di promettenti nuove drammaturgie, di “études” e lavori “ispirati a”, di teatro di ricerca e di sperimentazione, affidarsi alle parole di un autore come Ionesco? Innanzitutto, perché a colpire di un testo del genere è la spiazzante universalità. I personaggi non comunicano tra di loro e sono, in un certo senso, interscambiabili, prigionieri di una parola che non appartiene più al loro mondo.
Cosa c’è di più simile al nostro mondo, che ha fatto della comunicazione una non-comunicazione, delle relazioni personali un tentacolare intrico di relazioni virtuali?
Tutti noi siamo la signora Smith, che pur di parlare intrattiene il marito per venti minuti sulla cena che entrambi hanno consumato. Noi ridiamo di questi personaggi mostruosi ispirati a certe stampe di Bosch, ma è un riso amaro: è come ridere di se stessi. Da qui l’idea di una scenografia modulare fatta di specchi che vengono continuamente manovrati in scena dagli attori, come in un immenso caleidoscopio, che diventano sedie, tavoli, porte, e alla fine si fondono in un unico immenso specchio in proscenio, in cui il pubblico si vede riflesso.
Tutti i personaggi sono stati costruiti a partire dall’osservazione di un animale e pur essendo umani – o quasi – di questo mantengono certe goffaggini, come i tic della signora Smith/Gallina, o le acrobazie della signora Martin/Scimmia.
A fare da contrappunto alla grottesca routine dei coniugi Smith e Martin le “maestranze”: il pompiere e la cameriera Mary, che con il loro travolgente riconoscimento («è stata lei a spegnere i miei primi fuochi» // «Sono il suo spruzzetto d’acqua») rappresentano l’antitesi del mondo borghese delle due coppie, fatto di silenzi imbarazzati e noiosissimi aneddoti. Per esaltare questa estraneità dei due personaggi, sono stati inseriti due monologhi di presentazione in cui i due attori si spogliano del personaggio e si raccontano, producendo una sorta di straniamento. Mary, che sa tutto di tutti, ma non è abbastanza borghese per raccontare aneddoti, nella nostra rappresentazione è una specie di demiurgo in lattice e frusta, una polivalente Dea della Realtà, da cui tutti sono terrorizzati, e che ogni volta che viene nominata scatena, come omaggio a Mel Brooks, i nitriti dei cavalli.

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Panel 3

Gerico

Amore, guerra, amicizia, verità e pulsioni, sotto la lente di ingrandimento del palcoscenico.

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“Quegli uomini si amavano, Hamilton, (…) e non per un senso del dovere, ma perche’ quest’ amore sgorgava dai loro cuori piangendo e ridendo” (R. Gellert)

pubblicata

La scoperta della sessualità, la conquista, la guerra… questi gli argomenti trattati da Roger Gellert in “Onore?”, la piece da cui è tratto il lavoro. Un testo straordinariamente attuale e scandaloso per gli anni in cui è stato scritto. Quattro studenti di un liceo inglese della fine degli anni 50, quando la upper class faceva del salvare le apparenze la propria bandiera, un direttore di istituto che con distaccata ipocrisia impartisce imbarazzanti lezioni di anatomia e di morale, le “relazioni pericolose” che si instaurano tra i giovani allievi sono il fulcro di questo lavoro. Gerico, la città della Cisgiordania rasa al suolo dagli Ebrei nel 1250 a. C., è il simbolo della conquista, messa in atto con strategia militare, del giovane e delicato Hamilton, la purezza espugnata, l’attacco all’innocenza nella delicata fase di passaggio dall’infanzia all’età adulta.

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Tutti i personaggi, tranne l’austero ma ambiguo professor Hallows, sono interpretati da un binomio attore/attrice, che durante la fase di prova ha fornito uno spunto significativo per intessere,stabilire e sviluppare le relazioni tra i personaggi.
I quattro protagonisti, tutti in rigorosa divisa da college inglese degli anni ’50, affidano il proprio “non detto” al loro doppleganger femminile che si personifica in una istrionica regina per Tully, leader spiritoso e spavaldo della scuola,una timida ninfetta per il fragile Hamilton, una volgare e appariscente bulla per Turner, una schiava vessata e imbavagliata per Park, che nel testo rappresenta la negazione della parte femminile della personalità.
Il lavoro, nato con il supporto di Campo Teatrale, vede in scena attori provenienti da esperienze teatrali diverse, ma che si sono appassionati al progetto sotto la guida di Stefano Dattrino. La musica che accompagna il racconto è stata scritta ed eseguita da Claudio Gay, che oltre a essere attore, è anche pianista e compositore.

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“GERICO”

Regia e adattamento: Stefano Dattrino
Aiuto regia: Sofia Perissinotto

con: Lara Bossi, Chiara Doniacovo, Massimo Finistrella, Claudio Gaj, Dario Palma, Valentina Penzo, Lucafilippo Raffaglio, Francesco Tornar, Eliana Zanetti

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Panel 4

Le Serve di Genet

SPAZIO TEATRALE LAFELL 28, 29 e 30 aprile 2017

SPAZIO TEATRALE LaFell 28, 29 e 30 aprile 2017

LE SERVE

di JEAN GENET

liberamente ispirato a “LeServe” di Jean Genet
adattamento Stefano Dattrino e Valentina Penzo
regia Stefano Dattrino
assistenza alla regia Valentina Penzo
con
Fabrizio Crista
Claudio Gaj
Stefano Dattrino
Eliana Zanetti
Produzione Compagnia Granchio

Le Serve di Genet “è una favola, vale a dire una forma di racconto allegorico che forse aveva per scopo primo, mentre stavo scrivendolo, quello di disgustarmi di me stesso e, per scopo secondo, quello di generare una sorta di disagio in sala. Una favola. Bisogna a un tempo credersi e rifiutarci di crederci”
“Sacre o no, queste serve sono dei mostri e parlano cosi soltanto certe sere: bisogna sorprenderle, sia nella loro solitudine, sia in quella di ciascun di noi. Se fossi serva parlerei come loro. Certe sere”.
Jean Genet

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