LA CANTATRICE CALVA
Regia di Claudio Gaj
Assistente alla regia Sofia Perissinotto
Con:
Fabrizio Crista
Claudio Gaj
Meli Lippolis
Valentina Penzo
Francesco Tornar
Eliana Zanetti
scene di Marco Ruggeri
supporto coreografico Cristina Spinetti
produzione Granchio
La domanda che sorge spontanea è sempre la stessa: perché, in un’epoca costellata di promettenti nuove drammaturgie, di “études” e lavori “ispirati a”, di teatro di ricerca e di sperimentazione, affidarsi alle parole di un autore come Ionesco? Innanzitutto, perché a colpire di un testo del genere è la spiazzante universalità. I personaggi non comunicano tra di loro e sono, in un certo senso, interscambiabili, prigionieri di una parola che non appartiene più al loro mondo.
Cosa c’è di più simile al nostro mondo, che ha fatto della comunicazione una non-comunicazione, delle relazioni personali un tentacolare intrico di relazioni virtuali?
Tutti noi siamo la signora Smith, che pur di parlare intrattiene il marito per venti minuti sulla cena che entrambi hanno consumato. Noi ridiamo di questi personaggi mostruosi ispirati a certe stampe di Bosch, ma è un riso amaro: è come ridere di se stessi. Da qui l’idea di una scenografia modulare fatta di specchi che vengono continuamente manovrati in scena dagli attori, come in un immenso caleidoscopio, che diventano sedie, tavoli, porte, e alla fine si fondono in un unico immenso specchio in proscenio, in cui il pubblico si vede riflesso.
Tutti i personaggi sono stati costruiti a partire dall’osservazione di un animale e pur essendo umani – o quasi – di questo mantengono certe goffaggini, come i tic della signora Smith/Gallina, o le acrobazie della signora Martin/Scimmia.
A fare da contrappunto alla grottesca routine dei coniugi Smith e Martin le “maestranze”: il pompiere e la cameriera Mary, che con il loro travolgente riconoscimento («è stata lei a spegnere i miei primi fuochi» // «Sono il suo spruzzetto d’acqua») rappresentano l’antitesi del mondo borghese delle due coppie, fatto di silenzi imbarazzati e noiosissimi aneddoti. Per esaltare questa estraneità dei due personaggi, sono stati inseriti due monologhi di presentazione in cui i due attori si spogliano del personaggio e si raccontano, producendo una sorta di straniamento. Mary, che sa tutto di tutti, ma non è abbastanza borghese per raccontare aneddoti, nella nostra rappresentazione è una specie di demiurgo in lattice e frusta, una polivalente Dea della Realtà, da cui tutti sono terrorizzati, e che ogni volta che viene nominata scatena, come omaggio a Mel Brooks, i nitriti dei cavalli.